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Perdersi in un bicchier d’acqua (di Fabiano Ferraioli)

L’inverno era oramai agli sgoccioli, il freddo e il gelo pian piano lasciavano spazio ad una primavera che si annunciava con piccoli raggi del sole che bucavano le nuvole.
Dalle tendine rosse aperte si vedevano gli alberi e le macchine parcheggiate, la piazza che, dopo le dure e fredde giornate invernali, il pomeriggio ed i fine settimana si riempiva sempre di più di persone, di genitori che portavano la domenica mattina i figli a divertirsi e di passeggianti che si prendevano un caffè al bar. Lungo il viale invece sempre macchine.
All’interno di quelle tendine rosse, un televisore acceso, un lavabo pieno di piatti del giorno prima, un arredamento semplice, delle carte impilate qua e là alla rinfusa, foto di famiglia, una scodella per cani, una tavola ed una pentola a pressione messa a cuocere sopra il fornello.
Quella mattina aveva piovuto, ma ora fuori il sole aveva preso il sopravvento e tutto sembrava colorato di magia, come una sinfonia di Beethoven.
Viviana, con i capelli spettinati e in accappatoio blu, si accese una sigaretta, si grattò una tempia e si sedette, aspettando il sibilo della pentola a pressione. Alla tv niente di nuovo: i soliti spot pubblicitari.
Quella domenica non lavorava, era la sua giornata di riposo: l’impresa di pulizie chiudeva il sabato e riapriva il lunedì mattina.
Le foto sopra il mobiletto raffiguravano una famiglia felice: tanti sorrisi e sguardi attivi, una famiglia che è stata, ma ora non è più. Viviana si era lasciata alle spalle un matrimonio, tante promesse, ricordi che le bruciavano l’anima, che le ferivano il cuore. Un passato da dimenticare, ma con che fatica!
Il figlio quel fine settimana era con il padre e a lei non rimaneva altro che starsene sola a riflettere, a leccarsi le ferite non ancora rimarginate e più che altro a tentare di rifarsi una vita, cercando di ricominciare a vivere, cercando di dimenticare gli ultimi tre mesi di agonie e di stenti, la ricerca di un lavoro migliore per mantenersi e soprattutto la ricerca di una pace interiore che non arrivava mai.
La pentola a pressione fischiò: il pranzo frugale era pronto.
Viviana tirò fuori dalla pentola il pollo, lo condì con delle carote, cavoli, olio e sale, e si preparò il piatto. Da una credenza prese una grossa scatola e versò un quarto del suo contenuto nella scodella a terra.
- Lillo! – Un boxer arrivò scodinzolando.
Viviana cominciò a mangiare, la tv sempre accesa in sottofondo.
Zapping, un telefilm già cominciato, un documentario sul Vietnam, pubblicità, cartoni animati, beh… tra venti minuti inizia un film, dicono sia bello… – Vuol dire che aspetterò che inizi, intanto mi sintonizzo sulla stazione tv.
Il caffè borbottò, Viviana se lo versò in una tazza e prese a sorseggiarlo, poi la solita sigaretta.
Il film non era ancora cominciato.
All’improvviso, un’interruzione dei programmi: un annunciatore si scusò per l’interruzione e si collegò con la sede principale del telegiornale per una notizia importante. Apparvero i classici tavoli dei presentatori e, dietro uno di questi, un’annunciatrice sulla trentina: – Interrompiamo le trasmissioni per una notizia che giunge ora in redazione. I normali controlli dell’acqua potabile, effettuati a campione dall’azienda municipalizzata dei servizi di Ancona, hanno isolato in alcune zone della città un agente batterico sconosciuto. Al momento sembrano escludersi sia la tossicità di tale agente per le persone che eventuali possibilità di contagio.
L’équipe del premio Nobel giapponese per la biologia, Haruki Horyama, si sta già occupando degli accertamenti del caso tramite collegamento in videoconferenza con gli esperti della clinica di biologia dell’Università Politecnica delle Marche. L’azienda municipalizzata si scusa per le eventuali interruzioni del servizio di erogazione idrica.
Ecco ora alcuni consigli del Ministro della Protezione Civile su come comportarsi: “Non c’è motivo di allarmarsi. In attesa degli esiti definitivi degli esami di laboratorio, è comunque consigliabile bere acqua imbottigliata. Evitare, in ogni caso, il contatto con la pelle, i capelli e qualsiasi tipo di inalazione”.
Viviana prese la notizia con stupore, si buttò all’indietro i capelli mori – alcuni cominciavano a tingersi di bianco, a brizzolarsi -, si guardò intorno come per cercare un conforto e si affacciò alla finestra, verso Piazza Diaz, per vedere se riusciva a scorgere qualche persona.
Tutto pareva procedere tranquillamente, non vedeva segnali di stupore tra la folla.
- Bah, si vede che ancora non sanno.
L’acqua… l’acqua è un bene primario, ci accompagna sempre nella nostra vita, quando ci laviamo, quando laviamo i panni sporchi, quando beviamo… il fisico è composto in gran parte di acqua, più dell’ottanta per cento, e ovviamente ha bisogno dell’acqua per sopravvivere… ma se forse è inquinata come dicono – sempre “forse” – come si farà senza di essa?
Viviana aveva la testa in tumulto, il pensiero la spaventava. L’annunciatrice diceva “forse”, ma come si poteva conoscere la verità? O “forse” dicono così per non spaventarci, anche se “forse” sanno già la verità ma la nascondono, non vogliono farci sapere niente.
Quando una notizia è “forse”, il più delle volte è vera: “Non è vero che Freddy Mercury ha l’AIDS”, ed era morto un mese dopo la notizia, “Non è vero che Frank Sinatra sta male”, idem.
Viviana si girò nervosamente e a passi veloci uscì dalla cucina.
Nella sala, sopra il tavolo, era appoggiata una brocca contenente un pesce rosso – si ricordava la vincita in un baraccone di giochi alla fiera di San Ciriaco: suo figlio, che aveva sei anni e a malapena riusciva a tenere in mano il fucile ad aria compressa, era riuscito, aiutato dalla mamma, a centrare un tappo di bottiglia il cui numero era stato assegnato proprio a quel pesce – che boccheggiava, si girava e guardava, come ad osservare l’arredamento esterno al di là della brocca di vetro.
Viviana guardò il pesce e pensò a come avrebbe potuto vivere, visto che il suo bisogno d’acqua era più primario di qualunque altro in quel momento. Che futuro avrebbe avuto se l’acqua era davvero inquinata?
Se gli avesse cambiato l’acqua, come era solita fare ogni giorno, sarebbe morto? Oppure la notizia dell’acqua inquinata era solo una presa in giro, e non sarebbe successo nulla?
Ci sono domande che non hanno risposta.
Viviana ci pensò un po’, poi decise di cambiarsi.
Si levò l’accappatoio, si cambiò in fretta, prese la giacca ed uscì con la brocca tra le mani e Lillo che le scodinzolava davanti.
Piazza Roma era vuota, le persone erano tutte andate a pranzo, era domenica e poche macchine passavano, e al massimo scorse sì e no due persone camminare di fretta.
Viviana si sedette di fronte alla grande fontana della piazza mentre Lillo faceva i suoi giretti annusando per terra e scodinzolando. Poi, senza rifletterci neanche un po’, svuotò il contenuto della brocca nell’acqua della fontana e con sguardo triste osservò il pesce prima immobile, ma che poi iniziava a nuotare, e pensò per un attimo a suo figlio e alla fiera di San Ciriaco.
Aspettò un po’, osservò il cielo, l’ambiente circostante, il viale di fronte, osservò tutto con aria triste, come di rassegnazione, si strinse in se stessa, piegò le gambe tra le braccia e aspettò che Lillo finisse la sua passeggiata per poi tornare a casa.
Chiuse la porta piano, si tolse la giacca e andò verso il telefono.
Drin drin, drin drin… un’attesa che parve durare un’eternità: squilli, squilli, ma nessuno che rispondeva dall’altra parte, allora provò al cellulare, un’attesa di qualche secondo, secondi che sembravano secoli, e poi l’operatore automatico annunciò che il cliente chiamato aveva il telefono spento.
Lillo era steso nella sua cuccia e la guardava con curiosità.
Viviana a passi lenti tornò in cucina: i piatti sporchi del pranzo sulla tavola con dentro gli avanzi del pollo, la pentola a pressione appoggiata al fornello.
Si diresse verso il lavabo, spalancò la credenza che conteneva i bicchieri e ne prese uno grande.
Aprì il rubinetto dell’acqua, riempì il bicchiere fino al colmo e con occhi lacrimanti ne beve a piccoli sorsi tutto il contenuto.

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